La mente in fiamme: Un nuovo approccio alla depressione by Edward Bullmore

La mente in fiamme: Un nuovo approccio alla depressione by Edward Bullmore

autore:Edward Bullmore [Bullmore, Edward]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Psychology, General, Experimental Psychology
ISBN: 9788833932156
Google: u-yMDwAAQBAJ
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2019-03-12T16:00:00+00:00


Oggi sappiamo.

Esistono molti canali di comunicazione attraverso la BEE. L’infiammazione del corpo può indurre l’attivazione della risposta infiammatoria nelle cellule della microglia nel cervello, un fenomeno che, a sua volta, determina danni collaterali ai neuroni dell’amigdala, della corteccia cingolata e di altri elementi centrali della rete emotiva cerebrale. Possiamo anche notare più chiaramente l’esistenza di numerosi fattori potenzialmente in grado di indurre un’infiammazione: malattie autoimmuni, come l’artrite della signora P, obesità e traumi fisici possono tutti determinare l’infiammazione corporea. Ma lo stesso effetto può averlo lo stress a livello sociale (perfino se l’esperienza stressante è lieve e di scarsa durata come parlare in pubblico). Sembrava che fosse impossibile immaginare un collegamento di tipo meccanicistico tra infiammazione e depressione, oggi invece ci stiamo avvicinando sempre di più alla possibilità di rispondere al «come» e al «perché» l’infiammazione può causare la depressione.

Il cervello è un organo privilegiato dal punto di vista immunitario, questo, per lo meno, era ciò che non molto tempo fa veniva insegnato alla facoltà di Medicina. Dietro la barriera ematoencefalica (BEE) il cervello non poteva essere raggiunto dalle cellule e dalle citochine del sistema immunitario. La BEE difendeva inflessibilmente il cervello dalle tempeste infiammatorie del corpo e poteva essere violata dagli agenti del sistema immunitario soltanto in seguito a un danno catastrofico al cervello, come un ictus o lo sviluppo impietoso di un tumore. Nelle condizioni operative più ordinarie, la BEE era considerata una difesa impenetrabile del privilegio, unico del cervello, di poter operare al di là del raggio d’azione del sistema immunitario. Se questo dogma fosse corretto, la BEE rappresenterebbe ovviamente un ostacolo importante nel percorso meccanicistico che collega una proteina associata all’infiammazione del sangue con uno stato d’animo. Se i segnali di tipo infiammatorio periferici non riescono a superare la BEE, non possono neppure avere qualche effetto sul cervello e, se non agiscono sul cervello, in che modo possono influenzare lo stato d’animo o il comportamento? Qui si chiarisce perché la versione «muro di Berlino» della BEE sia stata una delle formulazioni più concrete del dualismo cartesiano. Imponeva infatti la segregazione del corpo infiammato e della mente, bloccando qualsiasi comunicazione tra loro. Per fortuna si tratta di un’idea perlopiù sbagliata.

Perfino con le conoscenze di allora l’analogia non poteva essere esatta. Il muro di Berlino venne realizzato con blocchi di cemento armato mentre la BEE, come ci veniva insegnato, era costituita da milioni di mattoni cellulari, le cellule endoteliali, che formavano il rivestimento interno dei vasi sanguigni nel cervello ed erano affiancate molto strettamente le une alle altre. Letteralmente non c’era spazio tra le cellule endoteliali per lasciar passare le cellule del sistema immunitario o anche le molecole grandi come le citochine. Ma era proprio questa l’unica strada che avrebbero dovuto seguire per spostarsi dal flusso sanguigno al tessuto cerebrale dall’altro lato della barriera. Per invertire l’analogia, era come se il muro di Berlino fosse considerato impenetrabile soprattutto perché era stato costruito unendo insieme i mattoni con cemento particolarmente denso e adesivo.

Oggi sappiamo che in alcune parti del



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